Parmenide e la sfera

sfera 1

Mi ha entusiasmato, non so perché  così tanto, l’opera (cura e commento) di Giovanni Cerri su Parmenide (Poema sulla natura, Περί ΦύσεωςPerí Physeos), riedita in una collana di classici del pensiero allegata anni fa in edicola ad un giornale (Fabbri Ed., ed. originale BUR 1999) …  ne voglio riprendere qui un concetto, uno solo, a mio avviso importantissimo (per chi si interessa alla storia del pensiero, ovviamente).

Avviso che questo post è poco più di un copia-e-incolla, ma si sa, repetita iuvant

Dalla critica classica (storia) del pensiero filosofico si sa che Parmenide avrebbe paragonato l’Essere ad una sfera, probabilmente di raggio infinito (?).

Ecco, l’autore del libro precisa (modificandola sostanzialmente) l’interpretazione ad uso del pubblico, citando il passo preciso del frammento (giustamente definito “quasi l’apice teorico del poema”, pag. 66 del libretto in mio possesso) dove Parmenide ne parla:

Dunque se c’è un limite estremo, è circoscritto
da tutte le parti, simile a curva di sfera perfetta,
ovunque d’identico peso dal centro: perch’è necessario
ch’esso non sia maggiore o minore in questo o quel punto.

Qui si pone il dilemma: quel “curva” è una ridondanza stilistica (una necessità poetica) oppure un termine fondamentale del pensiero parmenideo? Perché  in quest’ultimo caso, si apre uno scenario davvero stupefacente sulla sagacia e lungimiranza del pensatore greco-italico (di Elea ovvero l’attuale Velia, nel Cilento ).

Velia, teatro greco

Velia, teatro greco

In quest’ultimo caso, infatti, Parmenide avrebbe cosi ragionato: l’Essere è come una sfera (analogo): ma non ad una sfera, bensì alla superficie (la curva) di una sfera; e com’è la superficie di una sfera? ce lo insegnano le analogie della divulgazione della fisica contemporanea, ce lo ripete nel testo Stephen Hawking: è finita ma illimitata.

Dunque Parmenide non stava dicendo ingenuamente che l’Essere è tondo (sferico) come una palla da biliardo, ma ne stava descrivendo i due attributi fondamentali attraverso un’analogia: la finitudine e l’illimitatezza. Ciò corrisponderebbe mutatis mutandis al concetto di universo chiuso e illimitato della fisica attuale. E Parmenide ci era arrivato col solo logos (ragionamento).

Paragonare l’Essere ad una sfera (tout court) sarebbe stata concezione troppo ingenua da parte di un pensatore raffinato (rispetto ai filosofi ancora cosi legati al mondo della fisica) e lungimirante come Parmenide.  Infatti è immediatamente evidente (ed è una delle obiezioni che classicamente si fanno all’interpretazione ingenua del suo pensiero) che la superficie di una sfera, all’esterno, ha uno spazio, un vuoto, che coinciderebbe immediatamente col non-essere: e questo, per Parmenide, sarebbe impossibile da sostenere, infatti il non essere non-è, non si dà. E allora come risolvere l’apparente paradosso?

Semplicemente, comprendendo in maniera meno ingenua il pensiero di Parmenide: Parmenide diceva: se volessimo fare un’analogia con una figura geometrica dell’Essere, allora vi direi che l’Essere è paragonabile alla superficie di una sfera, ovvero è finito (=perfetto, per i Greci) ma nello stesso tempo illimitato.

Del resto, ovviare al problema affermando che la sfera dovrebbe essere di raggio infinito, introdurrebbe un altro problema: i Greci antichi non avevano molta familiarità col concetto di infinito. Il finito esprimeva perfezione, l’infinito incompiutezza (non a caso la sequenza infinita di decimali necessaria per esprimere alcuni numeri, scoperta in ambito pitagorico, fu appresa con scandalo). Dunque difficilmente Parmenide avrebbe potuto introdurre il concetto di “infinito” per spiegare l’Essere.

Il concetto di illimitato è (pur non essendone del tutto slegato) molto diverso dal concetto di infinito: significa semplicemente a-limitato, privo di limiti, confini.  Privo di limiti non implica che sia infinito, mentre infinito dovrebbe in generale implicare che sia privo di limiti, dunque logicamente sono due concetti distinti.

Del resto, non è incredibile che Parmenide, ragionando sulle coste che oggi vengono promosse Bandiera Blu, sia arrivato con tanti secoli di anticipo ad una conclusione che ha impiegato tanti secoli e tanta matematica e geniali intuizioni (Einstein, ad esempio) per giungere a maturazione: non sono forse la logica e  la matematica figlie dello stesso intelletto? la logica non è forse il grund della matematica? certo, risponderebbero immediatamente indignati i fisici, ma sarebbe impossibile giungere a tali conclusioni senza l’impiego di un apparato matematico imponente che si è potuto sviluppare solo nel corso dei secoli….

Certo, però è anche vero che Parmenide ci era arrivato lo stesso. Dunque l’obiezione che qualunque fisico farebbe è stata invalidata dai fatti, scritti in un frammento in forma poetica… Non dimentichiamo che anche l’atomo fu teorizzato senza il microscopio e senza le teorie moderne: se i greci poterono tanto rispetto al microcosmo, perché non rispetto alla cosmologia?

Il fatto è che oggi ci affidiamo tanto alla fisica e alla matematica perché abbiamo perso l’uso di ragionare secondo logica, abbiamo affidato la struttura fondamentale del nostro pensare ad una materia istituzionalmente definita e in gran parte al lavoro cooperativo (ed esteriorizzato). Come dire, sappiamo usare Word e la tastiera, ma non più scrivere a mano ed esser persuasi del nostro ragionare.

 

per approfondimenti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Elea-Velia

http://it.wikipedia.org/wiki/Parmenide

http://it.wikipedia.org/wiki/Sulla_natura_(Parmenide)

http://it.wikiquote.org/wiki/Parmenide#Poema_sulla_natura

~ di mgl su novembre 29, 2012.

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